I volontari sono il cuore pulsante degli enti del Terzo Settore, anime generose che offrono tempo ed energia per il bene comune. La loro dedizione è ammirevole, ma il loro impegno li espone spesso a contesti emotivamente intensi e sfidanti, a contatto diretto con situazioni di disagio, sofferenza e vulnerabilità. Questa esposizione costante, se non gestita adeguatamente, può avere un costo elevato sul benessere psicologico ed emotivo del volontario, portando a fenomeni come il burnout, la fatica da compassione o, in casi estremi, il trauma vicario. Per queste ragioni, il supporto psicosociale per i volontari non è un optional, ma una componente imprescindibile di una gestione etica ed efficace delle risorse umane nel Terzo Settore.
Tradizionalmente, l'attenzione degli enti si è focalizzata, giustamente, sui beneficiari e sulla realizzazione della missione, spesso implicando un'aspettativa implicita che chi aiuta sia intrinsecamente "forte" o immune al costo emotivo. Ma un'organizzazione che non si prende cura dei propri volontari è come un albero che trascura le proprie radici. Il benessere psicofisico dei volontari ha infatti un impatto diretto sulla loro efficacia operativa, sulla loro motivazione e sulla loro permanenza nell'ente. Un volontario supportato è un volontario più sereno, più resiliente e, di conseguenza, anche più capace di offrire un aiuto autentico e duraturo. Al contrario, un volontario in difficoltà, affaticato o demotivato, rischia non solo di ridurre la qualità del proprio contributo, ma anche di abbandonare l'attività, generando un costo significativo in termini di risorse (tempo e formazione) investite e di perdita di capitale umano prezioso. Questa negligenza, seppur involontaria e quindi inconsapevole da parte dell'ente di appartenenza, segnala che il dolore di chi dona non è percepito con la stessa urgenza del dolore di chi riceve, creando una disuguaglianza emotiva interna che mina la sostenibilità dell'azione.
Dal punto di vista psicologico, infatti, il volontariato attiva profonde dinamiche emotive. Il desiderio di aiutare, l'empatia e la "spinta prosociale" sono motivazioni nobili, ma espongono il volontario a un flusso continuo di emozioni altrui, spesso negative e intense. Lo afferma anche Judith Herman, Psicologa esperta di trauma: "Il trauma non esiste solo per chi lo vive in prima persona, ma anche per chi è chiamato ad ascoltare le storie traumatiche". I volontari, in particolare quelli che operano in contesti di emergenza, assistenza a vittime di violenza o supporto a persone con gravi patologie, sono a rischio di internalizzare queste esperienze. Pensiamo, ad esempio, ai volontari della Protezione Civile che intervengono nelle zone colpite da terremoti o alluvioni, confrontandosi con la distruzione e la disperazione; oppure ai volontari degli enti di supporto sociale che assistono persone senza dimora o in grave marginalità, ascoltando storie di vita difficili. Anche chi offre supporto a distanza, come i volontari delle linee di ascolto telefoniche, è esposto a un carico emotivo notevole, elaborando quotidianamente crisi e angosce altrui. Senza un adeguato supporto, la fatica accumulata può manifestarsi con sintomi quali irritabilità, disturbi del sonno, cinismo, riduzione dell'empatia o sensazione di impotenza. E' della Psicologa Charles Figley un interessante studio sulla "fatica da compassione" che viene da lei descritta come "il costo del prendersi cura, una sindrome di esaurimento e disfunzione professionale che colpisce chi si prende cura di persone che hanno sofferto o soffrono". Ignorare questi segnali significa, quindi, non solo trascurare la salute del singolo, ma anche perpetuare l'idea che la sofferenza di chi aiuta sia secondaria, mettendo a rischio la sostenibilità stessa dell'azione di aiuto.
Implementare un sistema di supporto psicosociale richiede allora un approccio strutturato e proattivo da parte degli enti del Terzo Settore. Non si tratta di interventi estemporanei, ma della costruzione di una vera e propria cultura organizzativa che valorizza e protegge il benessere dei propri membri. È importante sottolineare come, mentre per il personale dipendente la formazione e la supervisione sono spesso integrate nelle mansioni e nei percorsi professionali stabiliti, per i volontari, la cui disponibilità e continuità sono per loro stessa natura più flessibili, l'offerta di un supporto strutturato tende purtroppo a non essere una priorità. Riconoscere e agire su questo piano significa affermare, a gran voce, che le emozioni e la salute mentale dei volontari sono tanto importanti quanto quelle dei beneficiari, superando la logica di un "sacrificio" incondizionato. In quest'ottica, la formazione gioca un ruolo cruciale: fornire ai volontari strumenti per riconoscere i segnali di stress e fatica emotiva in sé stessi e negli altri, oltre a tecniche di coping e gestione dello stress, li dota di un'autonomia preziosa. Parallelamente, la promozione di una comunicazione aperta e non giudicante è fondamentale. Creare spazi sicuri dove i volontari possano esprimere le proprie emozioni, dubbi e difficoltà senza timore di essere percepiti come deboli è la base per qualsiasi intervento di supporto. Questo può avvenire tramite incontri di gruppo facilitati, supervisioni individuali o semplicemente incoraggiando un dialogo costante con i coordinatori.
Un altro pilastro essenziale è la supervisione professionale. Questo non significa terapia, bensì offrire la possibilità ai volontari (specialmente quelli coinvolti in attività ad alta intensità emotiva) di discutere le loro esperienze con un professionista (psicologo, assistente sociale esperto) che possa aiutarli a elaborare emozioni, gestire situazioni complesse e sviluppare strategie di autocura. Tali momenti possono essere individuali o di gruppo, ma devono garantire riservatezza e professionalità. La Croce Rossa Italiana, ad esempio, ha programmi di supporto psicologico per i propri volontari che operano in situazioni di emergenza, riconoscendo l'importanza del defusing (a caldo) e del debriefing (a freddo) per prevenire il trauma secondario. Questi momenti di confronto riducono il senso di isolamento e normalizzano le reazioni emotive, rendendo il peso dell'esperienza più gestibile: come afferma lo Psicologo Rollo May: "L'esperienza di essere compresi e accettati rende più facile essere aperti alle esperienze dolorose".
Infine, è vitale promuovere una cultura dell'autocura e del limite. Gli enti dovrebbero incoraggiare attivamente i volontari a prendersi pause, a rispettare i propri ritmi e a non sentirsi in colpa per non poter "fare tutto". Riconoscere che la sostenibilità del volontariato passa anche attraverso il rispetto dei confini personali è un segno di maturità organizzativa e una garanzia di continuità nel servizio. La Caritas, pur avendo una vasta rete di volontari, enfatizza spesso nei suoi percorsi formativi l'importanza di prendersi cura di sé per poter continuare a prendersi cura degli altri. Ciò implica anche che i coordinatori debbano essere formati per monitorare il benessere dei propri team, intercettando precocemente i segnali di stress e indirizzando verso il supporto appropriato.
Investire nel supporto psicologico per i volontari è, quindi, un investimento strategico e profondamente etico per il futuro dell'ente e per la qualità dell'impatto sociale che si intende generare. Significa non solo prevenire il burnout e l'abbandono, ma anche potenziare la resilienza dei team, migliorare la qualità dell'interazione con i beneficiari e rafforzare la reputazione dell'organizzazione come luogo di valore e cura, non solo per chi riceve aiuto, ma anche per chi lo offre. Superare l'errata percezione che le emozioni di chi aiuta siano meno rilevanti di quelle di chi soffre si traduce, in un'ottica sociologica, nella creazione di un circolo virtuoso: volontari supportati e motivati generano un impatto più efficace e sostenibile, contribuendo a una società più inclusiva e attenta al benessere di ogni suo membro.
In definitiva la domanda a cui trovare risposta urgente ora è: quali strategie di supporto psicologico e psicosociale ha già implementato il tuo ente per prendersi cura delle preziose risorse che sono i tuoi volontari?