La necessità di conoscere il territorio
Chiara Leoni Iafelice
6/1/20254 min read


In quasi vent'anni di vissuto nel mondo del no profit, come volontaria prima e come professionista poi, non saprei enumerare quante volte ho sentito parlare di progetti ambiziosi, di idee brillanti e di iniziative che promettono di cambiare il mondo. E' stata una costante. Ma quante di queste iniziative, seppure lodevoli e promettenti, sono poi riuscite a generare un impatto concreto e duraturo? Troppo poche, purtroppo. Il divario tra intenzione e risultato spesso risiede in un elemento specifico e prevedibile, ma quasi sempre sottovalutato: l'effettiva conoscenza del territorio su cui si intende agire.
Immaginare di realizzare un progetto, senza prima immergersi nella realtà locale, è come tentare di costruire una casa senza conoscere il terreno: le fondamenta saranno deboli e la struttura destinata a crollare. Il territorio non è solo un "luogo fisico" dove operare; è un ecosistema complesso fatto di persone, storie, bisogni, risorse, dinamiche sociali, culturali ed economiche uniche e soprattutto, di un'infinità di attori differenti che devono essere considerati.
Spesso, se non sempre, le soluzioni migliori nascono dall'ascolto e dall'osservazione. Quindi, nel concreto, conoscere il territorio significa dialogare con la comunità, comprendere le sue sfide quotidiane, le sue aspirazioni e le sue lacune. Solo così possiamo identificare i bisogni reali e prioritari, evitando di proporre soluzioni "calate dall'alto" che potrebbero essere inefficaci o, peggio, controproducenti.
Ogni territorio, anche il più svantaggiato, possiede risorse latenti: talenti individuali, associazioni locali attive, magari anche servizi pubblici all'avanguardia e performanti, tradizioni da riscoprire, spazi inutilizzati con potenziale. Un progetto efficace non porta solo qualcosa "da fuori", ma sa riconoscere e valorizzare ciò che già esiste, creando sinergie e rafforzando il tessuto sociale ed economico locale. E, fondamentale, non sovrapponendosi a ciò che in realtà già è presente, ma potenziandolo se necessario.
Quando il territorio è coinvolto, con tutti i suoi attori (vogliamo chiamarli stakeholder?) fin dalle prime fasi, il progetto non è più "nostro" (inteso come della nostra singola organizzazione di terzo settore) ma diventa "loro" (cioè di tutti). La co-progettazione genera senso di appartenenza, aumenta la probabilità di successo e assicura la sostenibilità nel tempo. I residenti diventano non solo beneficiari, ma attori protagonisti del cambiamento.
E, siccome mi piace paragonare lo sviluppo di un progetto al viaggio di un eroe, come potrebbe l'eroe trionfare e percepire tutta la propria potenza, se non fosse protagonista ma solo spettatore della propria storia? Una sorta di Bella Addormentata che canticchia a inizio fiaba, cade come corpo morto cadde senza contribuire alla storia, e poi torna ad essere interessante quando viene svegliata dal beneficio di chi ha combattuto draghi e fate malefiche al suo posto. Quanto ricordiamo della Bella Addormentata, come protagonista? Quanto le appartiene il suo destino? Tutti speriamo che viva felice e contenta: speriamo, ma non ci è dato saperlo, perché anche in questo caso noi non la conosciamo, neppure nel "dopo". Ecco, quando penso ai progetti che prescindono dalla conoscenza del territorio io penso alla Bella Addormentata, ad una storia che porta il suo nome, ma sua non è. E che racconta tanto, invece, dell'impegno di tutti gli altri: principe e fate madrine che si prodigano, rischiano, combattono, mettono in gioco le proprie risorse e abilità, convinti di sapere quale sia il bene di quella fanciulla. Una giovane donna prima celata al mondo, per proteggerla, e quindi in realtà più esposta ai pericoli e ai fusi malefici in cui infatti si imbatte e soccombe, e poi lasciata in disparte, quando in difficoltà, mentre "ci pensano gli altri".
Una digressione fiabesca che dipinge a mio avviso il grande rischio del partire, con forze e risorse, verso mete inesplorate, convinti di sapere quale sia il bene, convinti che in quel territorio non ci sia una civiltà, e neanche un Re, convinti sempre di essere i primi e più pronti a combattere battaglie che, in mancanza di conoscenza e scambio, non sono neanche le nostre.
Un progetto che non si radica nel territorio rischia di essere un fuoco di paglia (e, in questo caso, risultare totalmente ininfluente) o, ancor peggio, di bruciare ciò che già c'è (e quindi impoverire il territorio su cui si attua). La conoscenza approfondita del contesto permette di anticipare ostacoli, di adattare le strategie e di costruire relazioni solide con gli stakeholder locali: questo crea le condizioni per una sostenibilità a lungo termine, dove il progetto può evolversi e continuare a generare valore anche dopo il termine del finanziamento iniziale. Ma, prima di tutto, è un progetto che ha potenziato una comunità, valorizzandone i punti di forza, rimanendo a pari livello con gli altri giocatori della partita: enti, istituzioni, associazionismo locale, coordinamenti provinciali del volontariato.
In conclusione, se vogliamo che i nostri progetti non siano solo belle intenzioni ma veri catalizzatori di cambiamento, dobbiamo smettere di vedere il territorio come un semplice scenario. Dobbiamo riconoscerlo come la nostra risorsa più preziosa, l'unica in grado di fornirci le chiavi per generare un impatto concreto e misurabile. E dobbiamo metterci in testa, come forse dovrebbero cominciare a fare anche alcuni principi delle fiabe, che non siamo i soli, né i primi e che la conoscenza del contesto passa proprio dalla collaborazione di tutti i co-protagonisti.
Prima di lanciare la tua prossima iniziativa, fermati a riflettere: conosci davvero il territorio in cui vuoi agire? Quanto tempo hai dedicato all'ascolto e all'osservazione? Conosci tutte le realtà locali che operano già in quel contesto e con cui dovrai necessariamente interfacciarti? La risposta a queste domande potrebbe fare la differenza tra un'idea e una realtà che cambia la vita delle persone.
Qual è la tua esperienza? Hai mai visto un progetto fallire per mancanza di conoscenza del territorio, o al contrario, un grande successo nato da un profondo radicamento?